domenica 26 luglio 2009

proposte sinergiche fra le varie urban_voids


urban_voids 29 urban_voids 18_19 / 20_25 connessione del verde

il tema fondamentale di progettazione urbana in questa macroarea è quello della "bassa densità". Come riuscire a conservare, cioè, porzioni di suolo e di naturalità ancora presenti, "come sacche" dentro l'espansione della città costruita. Le proposte individuano, nel loro insieme, programmi che si collegano a questa linea di tendenza e studiano ipotesi di uso del suolo, e programmi compatibili alla bassa densità. In quest'ottica viene proposto un sistema infrastrutturale "software": della mancanza di linee metropolitane e tramviarie viene fatto un pregio. L' unica connessione possibile coerente con questa linea è proprio un percorso ciclo-pedonale che riporti il fruitore ad avere un rapporto diretto con la natura, non più inglobato tra quattro pareti di un vagone o di un' auto.

è innegabile che una connessione ambientale sia in quest'area facilitata dalla scarsa presenza di manufatti antrpologici, dunque l'obiettivo è quello di renderla il più funzionale possibile.Al posto di distese brulle e non curate sorgerà un sistema di orti urbani che nelle aree 18 -19 - 20 - 25 serviranno al sostentamento della comunità stessa, anche da un punto di vista economico, mentre nell'area 29 saranno spunto di gioco per i bambini che in tal modo avranno un contatto meno difficoltoso con frutta e verdura.

nelle aree 18 - 19, 20 - 25 è previsto che si insedi una comunità capace di autosostentamento basato sul libero scambio del frutto delle proprie coltivazioni.In un concetto di "communitas" è però auspicabile che le nuove generazione che nasceranno all'interno di questo riferimento socio culturale abbiano una maggior apertura al mondo.In un epoca in cui è facile scivolare in un regime autarchico di chiusura nelle proprie idee prevenire che la comunità insediata nelle aree limitrofe trattenga i bambini dal mescolarsi con tendenze altre non può che essere condivisibile.Dunque i bambini saranno fonte primaria di un flusso di scambio tra mondi diversi ma che ridotti al minimo parlano ancora un unico linguaggio.

giovedì 9 luglio 2009

alla ricerca del colore che non ho

i colori non sono nient'altro che un piccolo universo dove è la loro apparenza a distinguerne i caratteri; descrivono la varietà della natura e l'incoerenza dei cambiamenti, ma solo a chi ha occhi per guardare, sentire e percepire.
3 sono i colori principali da cui derivano tutti gli altri e con cui poi l'uomo ha formulato le sue ipotesi e dato dei toni a ciò che lo circonda, ma 2 sono forse quelli principali, il giallo e il blu, quasi assimilabili al concetto di luce ed ombra, e spesso anche sinonimi di "chiaro" e "scuro", di ciò che è distinto e di ciò che è consequenziale. Le nostre stesse idee a volte si tingono di questi colori, divenendo chiaramente oscure o oscuratamente troppo chiare.
Semplice è però il richiamo alla loro vera essenza, dettata appunto da questa semplicità, che diventa sinonimo di mancanza se vista nell'ottica di un'altra caratteristica: la complementarietà. Non sono quidi nient'altro che singole forze che possono crescere in funzione dei loro alter-ego.
E' strano però pensare a come l'unione fra luce ed ombra generi proprio quel colore emblema e simbolo della natura, il verde!. E' come se quest'ultimo fosse la "naturale" conseguenza di 2 principi forse troppo spesso considerati opposti e diversi.
Il colore porta con se un insieme di suggestioni e ricordi, è quel settimo senso che ti permette di far vivere le cose perchè già vivo in se stesso: respira, genera effetti immediati, cresce, rimargina, depura, nonostante la sua realtà non sia fisica, ma bensì irreale, perchè figlia delle apparenze che un sistema quale quello della vita necessità per andare avanti. I colori sono quindi un inganno, ma il più serio che ci sia!.
Anch'essi però prima o poi svaniscono, lasciando tracce, ombre o soltanto trasparenze, permettendoci quindi di vedere oltre e di far svanire quelle incertezze dipinte con toni in bianco e nero, figlie anche loro di questo inganno, ma in una sua versione più triste.
Aspetto quindi quel colore che non ho, quella chiave che mi porti chiarezza nell'insieme dei colori confusi che adesso c'è, nella speranza che la loro futura trasparenza non riveli una realtà in bianco e nero.
Aspetto il mio colore!

mercoledì 6 maggio 2009

tettonica - archetipo del progetto

tettonica il cui significato parte dalla sua parola d’origine greca tekton, la cui traduzione significa costruttore, ma da cui poi si distacca in quanto non viene concepita come insieme di ciò che riguarda la costruzione fisica di un’architettura, ma come prototipo, archetipo, pre-forma, che ci permetta di generare uno schema che verrà poi tradotto in base alle singole sensibilità (1). Per tettonica si intende quindi quella fase precedente ad un’unità spaziale vera e propria, in cui si vanno a fornire significati ai segni rilevati all’interno dell’area. È simile a ciò che Boetticher definisce "kernform", termine utilizzato per chiamare i templi lignei nell’antica grecia, prima che quest’ultimi perdessero il loro unico senso costruttivo e statico, dedicandosi anche “al decoro” e “all’abbellimento” grazie all’utilizzo del marmo come materiale(il termine coniato per questa fase è "kunstform") (2). È qundi questo il passaggio da dover compiere, in cui bisognerà incominciare a fornire valenza ed espressività alle ricerche compiute, tramutandole poi in base al nostro tipo di linguaggio architettonico.
(1): Cfr. C. Brandi, "Struttura e architettura", Torino 1975, p. 41
(2): K. Frampton, "Studies in Tectonic culture", Cambridge 1996, p. 6

sistema ambientale

contesto ambientale e sociale

sabato 25 aprile 2009

progetti d'immagini veloci

movimento forte quanto i colori che propone, accostati fra di loro quasi a voler lasciare un segno, un taglio, o come i futuristi stessi preferivano dire:"..uno spiraglio di luce nelle menti assopite di quell' epoca"(1). Volontà di fare e di stupire, esuberanza di gesti e di visioni. Interpreti di un tempo che tempo non doveva essere, inseriti in uno "spazio" che per loro era inesistente.
Nuovi concetti legati ad un genius loci puramente italiano, che si sono espansi man mano per tutto il mondo. L' io non è più tale, perchè trapassato da mille luci, impressioni, sensazioni, in una visione in cui l'uomo non è più il centro di se stesso, ma solo parte di un moto molto più grande. Contemporaneità di suoni, luci ed ombre, in un'epoca a ridosso delle due grandi guerre, tanto spalleggiate in un primo momento quanto denigrate poi in seguito.
I quadri vivono di compresenze fra oggetti e soggetti in cui scomporre vuol dire disgregare i piani e le linee creando un principio unico di movimento e dinamismo. Vengono narrati posti lontani perchè insiemi di varie realtà e quindi senza legami con la loro vera fisicità, in cui si legge quasi un' insoddisfazione nel limite dell'oggetto fine a se stesso, ed in cui i personaggi raffigurati sono elastici e malleabili, come se capaci di assorbire i ritmi di ciò che li circonda.
I rumori rimbombano nella retina mentre i colori ci parlano di una ricerca fatta di "stati d'animo" e "forme uniche nella continuità dello spazio".
immagine: Umberto Boccioni - Costruzione orizzontale
(1): Cfr. C. Salaris, "Futurismo, la prima avanguardia", febbraio 2009

lunedì 20 aprile 2009

senso del colore - per un contesto ambientale

ragionare per colori per capire come i vari sistemi che caratterizzano l'area e le zone limitrofe si integrano fra di loro. Ne coesistono tre, i quali sono:

  • il pre-esistente: caratterizzato dalla forte "figura" di "due" acquedotti e di un complesso edilizio risalente al secondo dopoguerra all'interno dell'area 29;
  • i percorsi: "derivanti" dalla presenza di una futura pista ciclo-pedonale creata appositamente per i più piccoli;
  • i luoghi: denominati "spazi dell'avventura" e scelti per la loro compresenza di spazi istruttivi e ludici.

ed è così che il percorso che ricongiunge gli elementi del pre-esistente si concretizza nell'area del progetto, l'area 29, mentre il sistema luoghi/pre-esistente porta alla scelta delle urban.voids adiacenti. Il verde identifica invece la volontà di voler creare una continuità di tipo ambientale, la quale è stata fortemente interrotta dal tracciato ferroviario a ridosso dell'area, il quale genera un vero e proprio "taglio". suoni ed immagini collaborano per far meglio comprendere le integrazione fra giallo+rosso, rosso+blu e blu+giallo.

mercoledì 1 aprile 2009

partenership al progetto - contesto sociale

All’interno del sesto municipio, è stato programmato un Piano Regolatore Sociale dopo un’analisi effettuata sulle reali esigenze e mancanze del territorio. Sono stati poi avviati dei progetti incentrati sul superamento delle problematiche evidenziate soprattutto dalle figure più deboli, come quella dei minori, e molti di questi basano il loro approvvigionamento su due leggi specifiche, quali la 285/97 e la 328/00.
Le linee guida della lg 285/97 hanno “..suscitato una grande mobilitazione di energie nella promozione di diritti e di opportunità in favore dell’infanzia e dell’adolescenza e nella realizzazione di migliori condizioni di vita..” ed hanno “..favorito l’integrazione tra soggetti ed azioni sul territorio per l’attuazione di sinergie e di politiche di rete.” Il tutto si fonda sulla volontà di voler valorizzare quelle che sono le risorse locali, e questo moto ha fatto nascere una schiera di attori sociali per la concretizzazione di quest’ opera. Sono stati così attuati dei progetti per la realizzazione del primo e del secondo Piano Territoriale Cittadino, fra i quali, quelli di mio maggior interesse sono:

  • Progetto n°22: La casa delle Arti e del Gioco
  • Progetto n°23: Estate Pronti
  • Progetto n°24: Centro per la sicurezza urbana del bambino
  • Progetto n°25: Partecipazione attiva e cultura giovanile per la crescita del territorio.

A questi servizi è stata data poi la possibilità di realizzare il loro processo di attuazione nel triennio 2008/2010, con una quota fissa annuale di fondi. Gli enti gestori di questi progetti sono tre:

  • Centro Alfredo Rampi (Onlus) : Centro per la sicurezza urbana del bambino, Partecipazione attiva e cultura giovanile per la crescita del territorio
  • CEMEA del Mezzogiorno(Centro di esercitazione ai metodi dell’educazione attiva) : La casa delle Arti e del Gioco, Partecipazione attiva e cultura giovanile per la crescita del territorio
  • Arca di Noè (Cooperativa sociale Onlus) : Estate Pronti

Intermediario per una più immediata relazione direttamente col Comune di Roma, e quindi con il Sindaco, è il progetto “La città dei bambini”, a cui fa capo l’editore Francesco Tonucci. Responasibili e coordinatrici di questa nuova idea di città nel suo assetto all’interno della capitale sono la dottoressa Antonella Prisco e la dottoressa Daniela Renzi.

domenica 29 marzo 2009

due visioni ed una ipotesi: luoghi "comuni"

rappresentazioni di luoghi il cui comune denominatore è la presenza del luogo stesso, dove il soggetto osservante si rapporta con l’oggetto osservato facendogli acquisire altrettanta soggettività. Il percorso di entrambi è un percorso durato anni, decadi, in cui John Margolies si è rapportato con le piccole realtà autoctone di quella cultura americana che sta man mano scomparendo, mentre George Tatge ha voluto rappresentare un’ Italia a molti sconosciuta, fatta di spazi impercettibili. È l’assenza dell’uomo nelle loro opere il comune denominatore tra le due mostre, anche se nella prima è l’architettura stessa ad essere protagonista dello scatto, mentre nella seconda sono proprio le presenze naturali gli attori principali di queste scene senza tempo.
Entrambi è come se volessero bloccare l’istante, creando dei tasselli rappresentanti un unico corpus che sta man mano sempre più scomparendo. Margolies basa la sua ricerca su “forme” ormai andate perdute, forse per l’ultima volta nel pieno del loro essere, con strade pulite, senza persone e cieli limpidi a fare da sfondo. Tatge invece si appropria del “bianco e nero” per rendere lo spettatore partecipe di un’ intimità nascosta ma reale, in cui è la serenità l’elemento catalizzatore dell’attenzione. Anche se il loro linguaggio è diverso, il fine vuole essere lo stesso, quello della riscoperta, tramite una lettura percettiva non più rigida e schematica di ciò che fa parte dei nostri contesti, portando l’osservatore a non dover più guardare senza vedere e udire senza ascoltare.
percezioni delle presenze laddove si percepiscono assenze
John Margolies: mostra fotografica AMERICAN ROADSIDE ARCHITECTURE
Museo H.C. Andersen, Via Mancini 20, Roma - 27 marzo/3 maggio 2009
George Tatge: mosta fotografica PRESENZE. PAESAGGI ITALIANI
Museo di Roma in Trastevere, Piazza St'Egidio 1-b, Roma, 6 marzo/5 aprile 2009

venerdì 27 marzo 2009

reale - virtuale: sinonimi e contrari

luce, energia e calcolatori cercarono, nel lontano 1985, di de materializzare un concetto che l’uomo si porta dietro da quando ha coscienza di se: la sua fisicità. Les Immateriaux, evento realizzato dal filosofo J. F. Lyotard, volle rappresentare la dissolvenza della materia, in un periodo in cui ci si incominciava ad affacciare sui vari livelli di realtà che oggi fanno parte della nostra quotidianità. La de materializzazione presuppone però l’esserci di una materia preesistente, che è l’uomo stesso, il quale col passare degli anni è riuscito sempre più a creare una immagine illusoria non solo di se, ma anche dell’ambiente che lo circonda. Questo processo è stato generato in una realtà diversa da quella in cui noi agiamo, ossia in quella virtuale, creatasi con l’avanzamento delle nuove tecnologie, che hanno generato degli “altri spazi” senza confini. La voglia di “virtualità” si è però sempre concretizzata nell’arco della storia umana, a partire dalla prospettiva, per poi arrivare alla fotografia, alla quale si sono susseguite la cinematografia e la televisione, con in ultima la grafica computerizzata (1). Quelle che riusciamo quindi ad avere oggi sono delle percezioni diverse, figlie delle informazioni che questi nuovi sistemi ci forniscono. Ma che cos’è in fondo un’ informazione? Lalande afferma che: “.. l’informazione è un elemento di conoscenza recato da un messaggio che ne è il supporto e di cui essa costituisce il significato(2); non è altro che una notizia, che non deve quindi coincidere con il concetto di materia (3)! Ma se questo fosse vero, può “l’informazione” essere “architettura”? (4) .
In questa materia, in cui è la materia stessa a farsi architettura, il mondo virtuale ribalta l’ordine delle cose, facendola diventare più spazio che altro, variando il suo significato in un qualcosa di intangibile che è proprio della realtà virtuale. Morosin, nel suo progetto, parte da un concetto non concreto, proiettato su una scala ben più grande di quella umana, in cui punti invisibili vogliono però portare alla creazione di una nuova forma di arte.
Rimangono comunque in questo mondo senza fili delle “cose invisibili” che possono aprire un dibattito sulle differenze fra conformazione e rappresentazione dell’arte e dell’architettura. Infatti, se la prima, che implica un lavoro di conformazione, rimane prevalentemente rappresentativa, la seconda, che si fonda su un lavoro rappresentativo, dovrebbe poi divenire prevalentemente conformata (5). Sono però innumerevoli le soluzioni che ancora potrebbero essere date a questo binomio fra reale e virtuale, in cui a volte l’ordine degli addendi cambia, lasciando comunque il risultato lo stesso sempre confuso.
foto: ritaglio del manifesto "Le Immateriaux", Parigi, Centre Pompidou
28 marzo-15 luglio 1985
(1): Cfr: R. De Fusco, " Internet non s'addice all'architettura", settembre 2001, p. 5
(2): Cfr. S. Lalande, "Dizionario critico di filosofia", maggio 1971, p.424
(3): Cfr: N. Wiener, "..Informzione è informazione, non materia o energia", 1961
(4): Cfr. A. Saggio, "Nuova soggettività. L'architettura tra comunicazione e informazione", settembre 2001, pp. 14-21
(5): Cfr. R. De Fusco, ivi sopra, pp. 5-13
Bibliografia:
Maldonado Tomàs (1992), "Realtà e virtuale", Milano, Feltrinelli
Dioguardi Davide Maria (1992), "Architettura e informatica", Bari, Palomar

venerdì 20 marzo 2009

un mostro di tutti i colori, che non riesce a vedere niente mentre il gatto è in punizione

camminando per la mostra è possibile incontrare cappuccetto bianco intenta a cercare la nonna partita, negatività e positività coincidere nella stessa cosa e vedere come una linea possa concretizzarsi in spazi reali. Si possono avere esempi di come l’olio non dovrebbe essere gettato sulla tela, di come sia possibile dormire sulle parole ed annullare il tempo “fisico” per permettere a quello “libero” di sfogarsi a più non posso. Si incontrano oggetti immaginari, fossili del 2000 e forchette che avrebbe tante cose da dirti.. si vive per un attimo, o forse anche di più, la curiosità di un uomo che con curiosità guarda il mondo e il suo modo di approcciarsi alle cose. Questo alternarsi fra forme figlie della sua fantasia che rappresentano significati e concetti che hanno perso ogni residua fisicità, e immagini che incorporano ancora al loro interno riferimenti alle funzioni che possono interpretarli e tradurli, fa capire come comunichi sia per segni che per simboli durante l’arco di tutta la sua carriera (1). Rovescia i significati, affrontando a modo suo le tematiche che all’epoca andavano per la maggiore, come la velocità e il tempo, riconoscibili nelle sue opere ma non nello stile di quel periodo.
Il senso delle sue “realizzazioni” rivive però tutto in coloro che sono i suoi più inconsci e grandi ammiratori, i bambini (compresi anche quelli un po’ più cresciuti), i quali, giocando con la carta, con i segni e con le immagini, trasformano e vedono il loro mondo privato fatto di mostri colorati, di gatti in punizione e anche a volte per alcuni di “niente”, realizzarsi! La scoperta maggiore che si può fare è comunque quella di un uomo che ha vissuto molto “dietro lo specchio”, senza badare alle “colonne d’ Ercole” degli altri, permettendo a tutti di avere a che fare col proprio “bianconiglio”, in un tempo elevato alla quarta dimensione!
mostra BRUNO MUNARI, Museo dell' ARA PACIS, Lungotevere in Augusta
Roma - 9 febbraio/22 marzo 2009
(1): Cfr: L. Imbesi, "La marca messa in vetrina", settembre 2008

mercoledì 18 marzo 2009

elle: per un' architettura "piccola"

la "elle" di luogo, che si evolve e che si adatta, che genera; luogo che cambia parametri e destinazioni d'uso focalizzandosi sui bambini, partendo da un'idea concepita nel lontano '94 a Fano e dal 2001 trasposta nei vari municipi di Roma.
L'inizio di una vista realmente dal basso, incentrata sulla scoperta, sul percorso, sullo spazio-non spazio... sull'assenza e sulla presenza!.
Il "PIERREBì" elaborato nel sesto municipio si fonda sul concetto di voler permettere ad un bambino di potersi muovere liberamente, facendo in modo che possa sviluppare cognizioni per lui molto formative. Da qui il voler provare a progettare uno spazio collettivo, incentrato sul dinamismo che è possibile ricreare in architettura, deframmentando quei solidi "puri" e quelle forme con cui i bambini stessi hanno sempre avuto a che fare, permettendogli di avere sia una famigliarità con ciò con cui si scontrano, sia una visione diversa dal solito. Integrarli in un sistema fatto a loro misura, a loro pensato ma da loro progettato sulle basi della loro esigenza primaria: quella di essere bambini!.
ex-tempore del 18 marzo
"LA CITTà DEI BAMBINI"
Partendo dal principio che "le città ormai muoiono di traffico", questo progetto si basa su un'idea sviluppatasi in Spagna ed in Argentina, in cui sono i bambini coloro che dovranno monitorare la situazione del traffico cittadino. Dopo i successi ottenuti all'estero, si deve all'editore Francesco Tonucci la trasposizione di questo "laboratorio" in Italia, grazie al quale si vuole garantire ai più piccoli una maggiore coscienza di quelli che sono i loro mezzi, permettendogli anche uno sviluppo del senso civico fin dai primi anni di scuola (è infatti orientato verso i bambini dai 6 agli 11 anni). Quest'iniziativa ha avuto talmente tanto successo che addirittura il sindaco di Roma ha deciso di voler aderire, portando i vari municipi a sviluppare singolarmente dei laboratori fondati su una "progettazione partecipata" fra architetti e alunni delle scuole elementari, che hanno portato alla creazione di alcuni PIERREBì (piani regolatori dei bambini e delle bambine). Fra gli obiettivi di questa nuova "città" vi è anche la volontà di invogliare i più piccoli a camminare, prevenendo così problemi come l'obesità infantile, e affinare anche la loro coscienza dell'ambiente, riqualificando quelle zone urbane lasciate in disuso e abbandonate a se stesse. Sembra quindi corretto l'investimento che si vuole sviluppare, in quanto i bambini
" non sono un costo, ma un INVESTIMENTO!"

domenica 15 marzo 2009

separazioni ed incontri

29.urban_voids

inserire” un momento di silenzio nel continuo discorso edilizio, creando una zona che non sia una vera e propria separazione ma bensì una pausa, un between, che crei “rumore” fra le immagini opache che caratterizzano l’area.
  • creazione di uno spazio collettivo simile ad un mercato ma all’aperto, per far si che la zona abbia un luogo di incontro e di respiro. (living + creating)
  • avere dei percorsi, delle galeries, in cui il movimento sia accompagnato da alcuni allestimenti fissi o temporanei. (exchanging)
  • riprendere la geometria dell’area nella sua forma e scomporla, deframmentarla, in funzione dei migliori punti di accesso e di comunicabilità, tenendo in considerazione le qualità visive a cui si può attingere. (infrastructuring)
  • riqualificare la porzione a verde adiacente al tracciato ferroviario creando una barriera naturale che non permetta ai rumori del treno di invadere l’area, migliorando le condizioni anche bioclimatiche. (rebuilding nature)

16.urban_voids






luogo di integrazione fra ciò che è storia, e quindi statica, con il dinamismo di ciò che gli ruota attorno (sistema ferroviario e Via Appia).

  • playground educativo che gioca con i dislivelli del terreno creando zone di affaccio sul movimento della città e momenti statici in cui è possibile percepire il silenzio fra una macchina e un treno. (living)
  • giostre e divertimenti per i bambini, ai quali poter insegnare giocando, e spazi ricreativi per i meno giovani, in cui poterli far sostare. (creating)
  • stend fissi e mobili che permettano di animare l’area con il loro continuo via-vai (exchanging)
  • creare un sistema di terrazze anche su più livelli per percorsi pedonali lenti che favoriscano l’ingresso all’area. (infrastructuring)
  • dei tagli di verde “morbido” che riprendano la serialità del tracciato ferroviario e che vadano a sfaldarsi e a diventare sistemi sempre più puntuali con l’avvicinarsi alla Via Appia fino a creare un filare alberato. (rebuilding nature)


6.urban_voids



zona di passaggio e commerciale a ridosso di un importante parco quale quello della Caffarella, impercettibile da quest’ area ma a poca distanza.

  • area a servizio del parco a cui possano far riferimento i suoi “inservienti” e “frequentatori”, in cui si parli del più grande parco archeologico d’Europa e delle diverse mutazioni di cui l’unico testimone è forse la Via Appia. (living + creating)
  • situazioni puntuali di ristoro in cui sia possibile anche affittare mezzi che permettano di girare meglio il parco o anche solo di divertirsi (biciclette, monopattini, skateboard..). (exchanging)
  • sfruttare al massimo l’orografia del terreno anche solo creando due livelli che entrino in continuo contatto fra di loro grazie a dei percorsi (infrastructuring)
  • incrementare il verde creando una continuità con la Caffarella, cercando di generare un cuscinetto in contrasto con le alte pareti cieche che circondano l’area. (rebuilding nature)

sabato 14 marzo 2009

per un' architettura normale

KIRO-SAN OBSERVATORY, Kengo Kuma
Yoshiumi, Ochi, prefettura di Ehime, Giappone, 1991-94
geometria variata, capace di articolarsi fra continuità e discontinuità formale e ambientale, in cui è il percorso il vero protagonista di questa architettura non riassumibile da un unico sguardo “dal basso”.
Spazio e tempo quasi coincidono, riprendendo il concetto del ma della filosofia zen, il quale altro non è che un intervallo sia dello spazio che separa due elementi, sia del tempo che si impiega per passare da un luogo ad un altro (1). Edificio che ragiona per tagli nel terreno colmati da pieni di luce, in cui la presenza del cemento armato si integra nella natura, creando ambienti nell’ambiente, e non portando l’architettura ad essere ciò che non è! (2)
Beton brut grezzo che raggiunge la sua meta, il suo scopo, ossia quello di riuscire a comunicare con il contesto che lo circonda, divenendo così normale.
percorsi spazio-temporali che causano attacchi di normalità
(10 righe!)
foto: KU_MA - Observation_platform
(1): Cfr. T. Monnai, "Un glossario dei concetti spaziali", in "Casabella", nn.608-609, fascicolo speciale dedicato a "Giappone: una modernità dis-orientata"
gennaio-febbraio 1994, pp. 14-19
(2): Cfr. F.Purini, in "La misura italiana dell'architettura"
"..si dovrà poi fare chiarezza sull'equivoco che vede oggi la parola architettura coincidere con quella di ambiente, nozione onnicomprensiva e per questo inoperante. L' architettura non è l'ambiente. Essa contribuisce a crearlo ma non può identificarsi con esso"

caos.calmo

.. metodo di studio ancora non provato scientificamente ma efficace (almeno in parte)

venerdì 13 marzo 2009

echi sbiaditi - "corpi nudi" dell'antica Roma

Fu Raffaello Sanzio il primo ad intuire che c’era qualcosa di nascosto, definendo le “architetture del mondo antico” come “ le ossa di un corpo senza carne”, ombre lontane ormai sfaldatesi dal loro primitivo senso. Intuiva la necessità del colore, percependo sensazioni diverse che restituissero quella qualità antica ormai perduta, non volendosi “accontentare” di quelli “scheletri muti” troppo distanti da ciò che in realtà erano.
Un ripensamento globale dell’ altare, incentrato sull’ importanza della policromia per la lettura di questo monumento di età augustea, è avvenuto nel 2006 con la riapertura del nuovo Museo dell’Ara Pacis. Varie analisi, soprattutto dei frammenti conservati, hanno portato alla formulazione di ipotesi legate alla reale presenza del colore sul monumento, analizzando in particolar modo lo sfondo dei rilievi, essendo questo un elemento che imposta la percezione dell’immagine. Si è così arrivati a dare due diversi significati all’utilizzo di sfondi chiari o scuri nelle opere di età romana. Si ipotizza infatti che gli sfondi chiari siano stati utilizzati per scenari narrativi e paesaggistici, mentre gli sfondi scuri assunsero più una funzione di rappresentanza. Il blu avrebbe quindi una connotazione non naturalistica ma bensì monumentale, classica ed ufficiale, e il vero cambiamento di tradizione vi è stato in età paleocristiana quando i fondi blu cederono il passo ai fondi d’orati dei mosaici e degli affreschi absidali raffiguranti immagini religiose.
Attenzione particolare è stata data anche al tema della natura in funzione delle circa 90 specie diverse presenti nel paramento esterno, disposte secondo un sistema gerarchico ben ordinato, il cui utilizzo sembra voler riallacciarsi ad un processo di nuova prosperità e rinascita di Roma dovuta ad Augusto.
È dunque importante sovvertire questa difficoltà di accettare la presenza del colore, considerato ormai come un dato trascurabile, riprendendo le file del discorso “classico” che vuole forse anche troppo rimanere chiuso in se stesso, non considerando la reale entità di ciò di cui tratta. I resti a noi giunti sono quindi diversi da ciò che erano, cambiati nel tempo ma non evoluti, non più in rapporto con alcune delle loro parti fondamentali: il giallo, il rosso e il blu.
immagine: Ricostruzione ipotetica dell’Ara Pacis policroma, veduta del lato nord
incontro internazionale sulla policromia dei monumenti antichi I COLORI DI AUGUSTO, Auditorium dell'Ara Pacis, Roma - 11 marzo 2009

giovedì 12 marzo 2009

madre terra - il senso della meraviglia

Puntando l'obiettivo su situazioni legate all'odierno volto della massa non globalizzata, è possibile, grazie a questi scenari di realtà, fare delle considerazioni sul volto umano: l'uomo è uno solo ma ogni etnia ha i propri caratteri somatici che fanno la differenza visiva dell'identità!.
Insegnare a vedere è forse uno degli scopi di questa mostra, in cui è possibile confrontare le diverse forme, percepire e memorizzare i modelli e riconoscere le differenze anche minime. Nessuno è uguale all'altro e sono i vari colori della pelle, gli atteggiamenti dei popoli e gli sguardi delle persone stesse a dare questa impressione. Vedere anche per pensare a ciò che è lontano e a cosa ci stiamo lasciando alle spalle, a ciò che potrebbe spaventare anche solo perchè diverso, a ciò che esiste qui rappresentato più nella "pratica" che nella "teoria".
Il muoversi dello spettatore gli permette di fare un giro ancor più grande, che tocca tappe lontane e vicine, mostrandogli un reality show il cui vero scopo è quello di coltivare il senso della meraviglia.
foto: Jodi Cobb - Una danzatrice col corpo ricoperta di cenere durante il festival Sing-Sing di Goroka
mostra fotografica MADRE TERRA, Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma - 7 febbraio/29 marzo 2009

lunedì 9 marzo 2009

Tòpos - certificazioni di presenza

Nel mondo contemporaneo è forse la fotografia quel territorio che permette di analizzare il reale mediante dei parametri personali, permettendo anche una messa a fuoco delle nostre capacità di elaborare un codice di comprensione per ciò che ci circonda, isolando ogni piccolo aspetto che si vuole far proprio. Ma se lo scatto può essere anche figlio di un’intuizione, il poter raggiungere un punto di vista oggettivo può portare lo stesso fotografo-architetto a capire meglio il rapporto che può intercorrere fra uomo e spazio che lo circonda, perché troppe volte ci si dimentica di chi sia il vero protagonista dei "tòpoi". Ed è forse il suo essere in parte testimonianza ed in parte rappresentazione il fondamento della sua ambiguità, divenendo materia in cui reale e artificiale si racchiudono in un’unica parentesi. Ha forse quindi ragione Henri Cartier Bresson quando considera l’obbiettivo come un prolungamento del nostro occhio attraverso il quale accettare la vita in tutta la sua complessità e assimilandolo ad uno strumento non adatto a rispondere al perché delle cose, essendo piuttosto fatto per evocarle.
E se ogni fotografia è un certificato di presenza come afferma il filosofo Roland Barthes, posso dire di aver incominciato a percepire gli UrbanVoids, cercando di non estraniarli dal loro singolo dato reale e provandone a percepire anche l’invisibile del luogo.
foto: Bruce Nauman - Square depression

domenica 8 marzo 2009

29.UrbanVoids


Nascosta, interstiziale se non addirittura incastrata possono essere considerati i termini migliori per descrivere quest’area, racchiusa fra Via degli Angeli (stretta via quasi di paese a doppio senso di marcia) e il tracciato ferroviario. La sua vista è quindi solo possibile da punti poco accessibili a livello pedonale, anche se risulta difficile immaginare che possa correre questo tipo di rischio essendo l’area 29 inserita in una situazione solo residenziale, in cui è stato difficoltoso e forse più una sorpresa anche solo trovare uno spazio simile ad un luogo di aggregazione collettiva. Fra i vari “vendesi” e quell’unico bed&breakfast è possibile percorrere questa serie di stradine a ridosso di Via del Mandrione anche senza accorgersi di questa fetta di terreno brullo e forse proprio questo suo essere chiusa e misteriosa potrebbe diventare il suo punto di forza.

11.UrbanVoids


• Area invasa da insediamenti non ben definiti, percorsa a nord- est da Via dell’ Arco di Travertino che come scorrimento “abilita” solo quello automobilistico.
• Area “vuota”, che non entra in nessuna maniera in contatto con ciò che gli è attorno, permettendosi anche il lusso di non accogliere nulla di definitivo.
• Area libera da vincoli di relazione, avente dietro di se solo una vasta zona agricola con “presenze” di dubbia natura.
Vuoto fra i vuoti in cui è presente solo lo scorrere delle macchine.

2.UrbanVoids


L’area 2 sembra quasi essere una piccola e breve estensione di Villa Lazzaroni che gli è poco antecedente lungo Via De Cesare, e il contesto urbano circostante è come se non ne fosse interessato visto che gli stessi palazzi attorno non la sovrastano più di tanto. Risulta quindi un’ area abbastanza libera, aperta, con un simpatico filare di aranci “amari” (lo si può intuire spezzandone la foglia) lungo Via Marini su cui si affaccia un ancor più simpatico personaggio che dispensa proposte di matrimonio (chiedere alla mia collega!) e altri tipi di consigli. Lungo Via Baronio l’area risulta essere sopraelevata di circa un metro e qui è possibile trovare la fermata di una linea atac, la 628, che collega la zona con Villa Madama, creando così una ipotetica continuità tra queste due aree verdi, sebbene la nostra sia di dimensioni molto più ridotte! Lo stesso tragitto è percorribile anche tramite la metropolitana, essendoci la fermata di Furio Camillo all’incrocio fra Via Baronio e Via Appia Nuova. Il via vai di macchine e persone di quest’ultima sembra estraneo a quest’ area, forse anche grazie ad una accessibilità limitata al mezzo privato e ad una non così eccessiva presenza di parcheggi, e a dispetto dell’autofficina che si insidia un po’ approssimativamente e forse più abusivamente nel terreno, sono le alberature le vere protagoniste di questa UrbanVoids.