luce, energia e calcolatori cercarono, nel lontano 1985, di de materializzare un concetto che l’uomo si porta dietro da quando ha coscienza di se: la sua fisicità. Les Immateriaux, evento realizzato dal filosofo J. F. Lyotard, volle rappresentare la dissolvenza della materia, in un periodo in cui ci si incominciava ad affacciare sui vari livelli di realtà che oggi fanno parte della nostra quotidianità. La de materializzazione presuppone però l’esserci di una materia preesistente, che è l’uomo stesso, il quale col passare degli anni è riuscito sempre più a creare una immagine illusoria non solo di se, ma anche dell’ambiente che lo circonda. Questo processo è stato generato in una realtà diversa da quella in cui noi agiamo, ossia in quella virtuale, creatasi con l’avanzamento delle nuove tecnologie, che hanno generato degli “altri spazi” senza confini. La voglia di “virtualità” si è però sempre concretizzata nell’arco della storia umana, a partire dalla prospettiva, per poi arrivare alla fotografia, alla quale si sono susseguite la cinematografia e la televisione, con in ultima la grafica computerizzata (1). Quelle che riusciamo quindi ad avere oggi sono delle percezioni diverse, figlie delle informazioni che questi nuovi sistemi ci forniscono. Ma che cos’è in fondo un’ informazione? Lalande afferma che: “.. l’informazione è un elemento di conoscenza recato da un messaggio che ne è il supporto e di cui essa costituisce il significato” (2); non è altro che una notizia, che non deve quindi coincidere con il concetto di materia (3)! Ma se questo fosse vero, può “l’informazione” essere “architettura”? (4) .
In questa materia, in cui è la materia stessa a farsi architettura, il mondo virtuale ribalta l’ordine delle cose, facendola diventare più spazio che altro, variando il suo significato in un qualcosa di intangibile che è proprio della realtà virtuale. Morosin, nel suo progetto, parte da un concetto non concreto, proiettato su una scala ben più grande di quella umana, in cui punti invisibili vogliono però portare alla creazione di una nuova forma di arte.
Rimangono comunque in questo mondo senza fili delle “cose invisibili” che possono aprire un dibattito sulle differenze fra conformazione e rappresentazione dell’arte e dell’architettura. Infatti, se la prima, che implica un lavoro di conformazione, rimane prevalentemente rappresentativa, la seconda, che si fonda su un lavoro rappresentativo, dovrebbe poi divenire prevalentemente conformata (5). Sono però innumerevoli le soluzioni che ancora potrebbero essere date a questo binomio fra reale e virtuale, in cui a volte l’ordine degli addendi cambia, lasciando comunque il risultato lo stesso sempre confuso.
In questa materia, in cui è la materia stessa a farsi architettura, il mondo virtuale ribalta l’ordine delle cose, facendola diventare più spazio che altro, variando il suo significato in un qualcosa di intangibile che è proprio della realtà virtuale. Morosin, nel suo progetto, parte da un concetto non concreto, proiettato su una scala ben più grande di quella umana, in cui punti invisibili vogliono però portare alla creazione di una nuova forma di arte.
Rimangono comunque in questo mondo senza fili delle “cose invisibili” che possono aprire un dibattito sulle differenze fra conformazione e rappresentazione dell’arte e dell’architettura. Infatti, se la prima, che implica un lavoro di conformazione, rimane prevalentemente rappresentativa, la seconda, che si fonda su un lavoro rappresentativo, dovrebbe poi divenire prevalentemente conformata (5). Sono però innumerevoli le soluzioni che ancora potrebbero essere date a questo binomio fra reale e virtuale, in cui a volte l’ordine degli addendi cambia, lasciando comunque il risultato lo stesso sempre confuso.
foto: ritaglio del manifesto "Le Immateriaux", Parigi, Centre Pompidou
28 marzo-15 luglio 1985
(1): Cfr: R. De Fusco, " Internet non s'addice all'architettura", settembre 2001, p. 5
(2): Cfr. S. Lalande, "Dizionario critico di filosofia", maggio 1971, p.424
(3): Cfr: N. Wiener, "..Informzione è informazione, non materia o energia", 1961
(4): Cfr. A. Saggio, "Nuova soggettività. L'architettura tra comunicazione e informazione", settembre 2001, pp. 14-21
(5): Cfr. R. De Fusco, ivi sopra, pp. 5-13
Bibliografia:
Maldonado Tomàs (1992), "Realtà e virtuale", Milano, Feltrinelli
Dioguardi Davide Maria (1992), "Architettura e informatica", Bari, Palomar
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